sabato 26 gennaio 2013

Normalità

La strada che mi conduce alla normalità ha la forma di un lungo corridoio tappezzato di piastrelle grige e bianche illuminato dalla luce del neon.
Il corridoio è sempre deserto anche se ci troviamo in un edificio a sei piani che ospita un numero impressionante di persone; è costeggiato da finestre i cui vetri sono oscurati, altrimenti dall'interno si vedrebbero solo cemento e terreno, visto che ci troviamo nel piano interrato, e vi si aprono diverse porte, tutte inspiegabilmente con le maniglie invece che con un comodo maniglione antipanico, molto più pratico per chi, come me, si muove in carrozzina e non usa bene le mani, pietrificate dalla spasticità e da un dolore che non riesco a spiegare a nessuno.
"Degenze".
"Radiologia".
"Day hospital".
"Piscina".
Il portantino e io imbocchiamo l'ultima porta e subito mi pervade l'odore intenso del cloro, forte, rassicurante, lo stesso odore che rimaneva a lungo sugli accappatoi che mia madre mi infilava nella borsa del nuoto da piccola, quell’odore che rimaneva a lungo anche dopo la doccia. Forse per questo motivo mi ha dà sicurezza, forse perché mi sento completamente avvolta da quell’odore che mi riporta indietro nel tempo come una specie di ponte invisibile tra passato e presente. Un odore acre, penetrante, tanto che se non lo amassi a questo modo risulterebbe fastidioso.
In piscina si cammina, si nuota, si vola, tanto che finalmente sembro dimenticarmi di questi odiosi formicolii che mi percorrono il corpo per tutto il giorno e tutta la notte, di queste piccole scossette elettriche, della mancanza di sensibilità della mia gamba sinistra e di alcune dita delle mani.
Qui siamo tutti così, tutti uguali, ci entusiasmiamo per poco. Qui il complimento più bello che mi abbiano fatto, appena ho cominciato a muovere i primi passi incerti, è stato "Come cammini bene", non avrei mai pensato di emozionarmi così tanto quando prima mi capitava di sentirne ben altri.
Siamo tutti vicini uno all'altro, ci raccontiamo i nostri progressi e le nostre paure, anche se abbiamo tutti storie diverse.
Qui ci insegnano a camminare per terra e nell'acqua, a respirare da soli, perfino a fare pipì.
Io invece imparo a voler tornare alla vita, non mi appoggio mai ai corrimano quando muovo qualche passo, non chiamo nessuno per andare in bagno, cerco di scendere dal letto da sola a costo di farmi male. Perchè quando mi sono seduta sulla carrozzina mi sono detta: "Io qui non ci rimango a lungo".
Il giovedì dopo la piscina faccio venire la parrucchiera a sistemarmi i capelli e il venerdì l'estetista per le unghie di mani e piedi perchè io possa riconoscere la mia faccia quando mi guardo allo specchio e io sia pronta per il mondo quando mi diranno che la mia riabilitazione è finita e posso essere dimessa, per essere pronta alla normalità. 

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