domenica 3 novembre 2013

Ridere?

La mia era una di quelle risate belle, argentine, contagiose. Esplodeva. Ora sorrido. E non so se è un fatto meccanico, se ho un qualche problema oggettivo o patologico. Semplicemente quella risata non c'è più. Io non riesco più a ridere così.

martedì 22 ottobre 2013

Il mio mondo. Ora.

Mi dicono Sei grande, mi dicono Sei forrte. Mi dicono Racconta. Devi scrivere di tutto questo.
Ma questi pensieri, restano dento, restano chiusi, pugni nello stomaco che fanno male.
Nessuno può raccontare, sono mostri che stanno nella testa che non sapevo neppure di avere, come quando uscivano solo di notte, veloci, fulminei, spaventosi e nemmeno il Tavor li metteva a tacere, passavano nella mente e uscivano fingendosi sogni. Chi poteva saperlo che avevo tanti mostri nella testa?
Mi dicono Torni come prima, sei bella come prima, però quando mi specchio non sono più io e quello non mente. Quella vera è rimasta lì dentro, nella camera operatoria, l'hanno issata sul tavolo a pancia in già, le hanno fatto un taglio sulla nuca che sembra disegnato col righello per quanto è preciso e geometrico. Quella di prima se ne sta chissà dove a correre, con i muscoli scolpiti sulla pancia, come fossero disegnati.
Corre corre corre corre.
Mi dicono Passa, ma non passa niente. Io me li ricordo questi 363 giorni lunghi un'eternità. Io li sentivo tutti, quando parlavano di me.
Gli infermieri quando venivano a lavarmi e dicevano tra loro Piano, le fanno tanto male le gambe, mia madre che prendeva il dottore in disparte e diceva Le è cambiata la vita dalla sera alla mattina. Lui rispondeva Qui a tutti è cambiata la vita in un istante.
Muoiono le stelle, cadono come pioggia, cadevano giorno dopo giorno, ogni mattina quando mi aiutavano a infilarmi il costume per scendere in piscina e io cercavo di convincere la mano che doveva imparare a farlo da sola. Muore il sole ogni mattina, muore ancora adesso.
Che ne sanno tutti di come passo dal riso al pianto, che la mattina accendo il motore della macchina e ho paura, ma a volte sono felice e sorrido e penso che il mondo sia tutto mio, poi però all'improvviso sento che mi manca qualcosa e non riesco nemmeno a ricordare che cos'è, non me lo ricordo più.

domenica 22 settembre 2013

Creando il personaggio


"Passo in piscina, dove Federico si allena. Da quando viviamo insieme lo ha fatto praticamente tutti i giorni, spesso rientra a casa tardi e poi ci tratteniamo a parlare o a leggere.

 C’è quell’aria umida, quell’atmosfera ovattata in cui tutti i suoni sono attutiti, sembra quasi che ti arrivino alle orecchie in ritardo, i passi degli atleti che si stanno riscaldando, il getto dell’acqua sulle mattonelle proveniente dalle docce sotto le quali tutti si bagnano prima di entrare in acqua, il trillo del fischietto dell’allenatore. Tutto familiare, tutto lontanissimo nella mia memoria, come sepolto in un cassettino, ma terribilmente familiare.

E poi intravedo Federico nel gruppo dei ragazzi che si allenano, il suo corpo muscoloso e scattante, nervoso e agile come una scheggia. Lo vedo tuffarsi, sono di certo le ultime vasche vista l’ora.

Stile libero, cinquanta metri stile libero. E’ velocissimo, almeno ai miei occhi. Raggiunge il muretto in un tempo che mi sembra brevissimo e vira toccando il cemento solo con i piedi mantenendo le braccia lungo i fianchi, il corpo quasi piegato a novanta gradi nel compiere il movimento, si allontana dal muretto con una rapidità impressionante sfruttando la spinta che si è appena dato con le gambe lanciando schizzi d’acqua tutto intorno. Ogni volta che lo guardo mentre fa tutto questo rimango davvero colpita, è bravo. A malapena io sto a galla.

Poi emerge dall’acqua turchese. Si volta dalla mia parte, come se sapesse che sono lì. Si toglie gli occhialini e mi saluta con la mano. Ha il fiatone".


Sto creando un personaggio. Dal nulla. Prima non c'era e adesso esiste, è quasi reale. Prima non c'era e adesso sta non solo nella testa, ma sulla carta, su una pagina di word nel mio pc.
Non so che destino riservargli, che fine farà, nasce con uno scopo e percorre la strada da solo, a volte mi capita che mi innamori del carattere della persona alla quale ho dato vita e prenda un percorso del tutto inaspettato, decide solo, vive di vita propria.
Ognuno di cui scrivo nasce per un motivo, spesso si ispira a qualcuno che ho incontrato, qualcuno con cui ho parlato anche una volta soltanto, sfido chiunque a riconoscerli, a ripescarli dentro il variopinto mucchio delle persone che hanno fatto parte della mia esistenza. o che ne fanno parte ancora. E tu? Tu che strada prenderai? Che fine ti faccio fare? Di certo c'è solo che fai parte di questa nuova storia...

mercoledì 17 luglio 2013

Senza guardare l'orologio

Io sono per prendermi il mio tempo.

Sono per la birra bevuta ghiacciata nei chioschetti in riva al mare, dove puoi guardare il tramonto, sono per le vacanze all'esplorazione dei luoghi e di se stessi.
Sono per addormentarmi con le cuffiette nelle orecchie ascoltando un cd che mi piace (in genere sempre lo stesso, altrimenti non prendo sonno).

Chi lo dice che devo correre, io che ancora non ci riesco? Io che al massimo ora posso camminare a passo svelto?
La vita mi ha insegnato che non ha senso guardare l'orologio, che un istante -anche questo- è prezioso, unico e irripetibile, che le cose vanno annusate, toccate, assaggiate, ascoltate e guardate fino a sfinirsi. Perché c'è ora e io sono ora.

sabato 25 maggio 2013

Un'isola per rinascere

Torno in questo posto, in questo posto che mi aveva vista quando ero debole, senza più niente e mi aveva ridato la vita.
Torno qui, oggi, a distanza di tre anni, con un bagaglio tutto diverso sulle esili spalle.
Non avevo idea eppure ne sarebbe nato un libro, oggi ne ho troppe, tutte insieme in questa piccola testa non ci stanno probabilmente.
Ero sola, partita con le mie amiche. Ora un compagno di viaggio e vorrei fosse il compagno della mia vita.
Ripartii rinvigorita, forte di una nuova esperienza. Adesso sono rientrata con la consapevolezza di non aver paura di niente.

Formentera è questo, piccola isla, grande forza.
Formentera è come una canzone che non facciamo che ascoltare eppure ci sembra sempre di percepire qualche suono nuovo, come un piatto esotico che nasconde a ogni assaggio un sapore diverso, originale.
Io, per esempio, non mi ero mai accorta che dietro il profilo di san Francesc emergono le pale dei mulini a vento e non avevo mai contato gli isolotti che emergono dal mare a Illetes e non avevo mai visto che tutte le strade conducono a La Savina e non mi ero mai accorta di quanto profumino i pini di cui la pitiusa è disseminata.

Sono stata tante volte qui, possibile che sembri che il tramonto abbia un colore diverso? Possibile che questo sole che sfiora il mare e vuole liquefarsi in un attimo che sembra lunghissimo qui abbia un colore diverso, un calore diverso?

Porto con me questa luce, la porto nel cuore e nella testa perchè sento che se ne avrò bisogno potrò ritrovarla semplicemente chiudendo gli occhi; non è da tutti avere un posto, dentro, che ci fa stare bene ogni volta che lo vogliamo.

sabato 26 gennaio 2013

Normalità

La strada che mi conduce alla normalità ha la forma di un lungo corridoio tappezzato di piastrelle grige e bianche illuminato dalla luce del neon.
Il corridoio è sempre deserto anche se ci troviamo in un edificio a sei piani che ospita un numero impressionante di persone; è costeggiato da finestre i cui vetri sono oscurati, altrimenti dall'interno si vedrebbero solo cemento e terreno, visto che ci troviamo nel piano interrato, e vi si aprono diverse porte, tutte inspiegabilmente con le maniglie invece che con un comodo maniglione antipanico, molto più pratico per chi, come me, si muove in carrozzina e non usa bene le mani, pietrificate dalla spasticità e da un dolore che non riesco a spiegare a nessuno.
"Degenze".
"Radiologia".
"Day hospital".
"Piscina".
Il portantino e io imbocchiamo l'ultima porta e subito mi pervade l'odore intenso del cloro, forte, rassicurante, lo stesso odore che rimaneva a lungo sugli accappatoi che mia madre mi infilava nella borsa del nuoto da piccola, quell’odore che rimaneva a lungo anche dopo la doccia. Forse per questo motivo mi ha dà sicurezza, forse perché mi sento completamente avvolta da quell’odore che mi riporta indietro nel tempo come una specie di ponte invisibile tra passato e presente. Un odore acre, penetrante, tanto che se non lo amassi a questo modo risulterebbe fastidioso.
In piscina si cammina, si nuota, si vola, tanto che finalmente sembro dimenticarmi di questi odiosi formicolii che mi percorrono il corpo per tutto il giorno e tutta la notte, di queste piccole scossette elettriche, della mancanza di sensibilità della mia gamba sinistra e di alcune dita delle mani.
Qui siamo tutti così, tutti uguali, ci entusiasmiamo per poco. Qui il complimento più bello che mi abbiano fatto, appena ho cominciato a muovere i primi passi incerti, è stato "Come cammini bene", non avrei mai pensato di emozionarmi così tanto quando prima mi capitava di sentirne ben altri.
Siamo tutti vicini uno all'altro, ci raccontiamo i nostri progressi e le nostre paure, anche se abbiamo tutti storie diverse.
Qui ci insegnano a camminare per terra e nell'acqua, a respirare da soli, perfino a fare pipì.
Io invece imparo a voler tornare alla vita, non mi appoggio mai ai corrimano quando muovo qualche passo, non chiamo nessuno per andare in bagno, cerco di scendere dal letto da sola a costo di farmi male. Perchè quando mi sono seduta sulla carrozzina mi sono detta: "Io qui non ci rimango a lungo".
Il giovedì dopo la piscina faccio venire la parrucchiera a sistemarmi i capelli e il venerdì l'estetista per le unghie di mani e piedi perchè io possa riconoscere la mia faccia quando mi guardo allo specchio e io sia pronta per il mondo quando mi diranno che la mia riabilitazione è finita e posso essere dimessa, per essere pronta alla normalità. 

martedì 22 gennaio 2013

Quanto costa la felicità

Ritorno a casa.
E trovo tutto diverso. Per tre mesi ho occupato una stanza con luci al neon, troppo fredde per come sono fatta; e poi qui ci sono una marea di nuovi ostacoli sconosciuti: pentole che non riesco a raggiungere nemmeno in punta di piedi, ostili armadi pieni di vestiti vecchi che nascondono quelli nuovi, scarpe col tacco alto che occhieggiano dalla mia scarpiera come implorandomi di indossarle, senza sapere che mi piacerebbe moltissimo farlo.
A volte tocco le cose senza sentirle, mi sfuggono dalle mani come fossero viscide e oleose.

Non avevo immaginato che la felicità fosse un bene di lusso. Beh, è molto costosa e a volte riconoscerla dipende da noi. Quanti attimi ci sono sfuggiti mentre noi li credevamo solo brevi momenti della nostra vita e invece ci stavano regalando una preziosa emozione. Oggi darei non so quanto per tornare a viverli, per godere intensamente di quello che possono dare o semplicemente per riconoscerli. Ora è una conquista anche solo impadronirsi di una sensazione.

Non so se racconterò questa storia. In fondo che dovrei dire? A chi importa? Spero solo che la malattia mi abbia insegnato qualcosa e di non dimenticare quel qualcosa. Perchè si fanno tante promesse quando si è immobili in un letto a fissare il soffitto illuminati dal fastidioso riverbero del neon. E poi si fa presto a dimenticare la compassione che ci ha unito alle persone che vivevano la nostra stessa situazione. Le promesse non devono essere dimenticate, gli ostacoli non devono rimanere un muro alle nostre spalle ma un monito, il dolore deve essere una riserva di energia per affrontare quello futuro se ci sarà.

Quanta paura ho avuto e quanta ne ho nell'attesa che tutto rientri nella normalità, ma devo ringraziare certe persone speciali che sono nel mio cuore, che mi hanno sostenuta, altre che mi hanno insegnato, altre che ho scoperto nel cammino...